Rappresenta la sofferenza interiore derivante dal venire meno del rapporto parentale, in capo ai soggetti prossimi alla vittima di fatto illecito (es. malasanità), che in conseguenza del fatto hanno subito uno sconvolgimento della propria esistenza denotato da fondamentali e radicali cambiamenti del proprio stile di vita. Il diritto al risarcimento a questa tipologia di danno sorge, oltre che nel caso di perdita del rapporto, anche nel caso di lesione del rapporto parentale. (cfr. Cass. Civ. III sez. n. 4571/2023) È un danno che comprende la lesione di diritti costituzionalmente garantiti (artt.2, 29 e 30 della Costituzione) in quanto ognuno ha diritto ad esplicare la propria personalità mediante lo sviluppo di legami affettivi e familiari. Il risarcimento avviene sulla scorta di apposite tabelle, che mettono in considerazione diversi profili quali età della vittima, del superstite, del grado di parentela e di convivenza. La Cassazione Civ. III sez. n. 4571/2023, di recente, si è espressa sul riconoscimento del danno in parola, e ha ribadito che: “si configura anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale e che esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall'inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente.”; e che “si tratta di danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, il quale se ritenuto spettante in astratto, come ammesso dalla Corte d'appello, può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza, al fatto notorio, dato che l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare”