Danno biologico «terminale»: consiste in un danno da invalidità temporanea, parziale o totale, e si configura in capo alla vittima nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo (almeno 24 ore) dall'evento lesivo. Danno “catastrofale”: è quel danno consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, quando vi sia la prova della sussistenza di un suo stato di coscienza nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte. Intervallo che può anche essere brevissimo ma comunque deve esistere. Sia il danno “terminale” che “catastrofale” sono trasmissibili agli eredi, i quali possono quindi azionare la pretesa risarcitoria. Per la liquidazione del danno “terminale” si applicano le tabelle relative alla invalidità temporanea, invece, per il danno “catastrofale” si applica un criterio equitativo puro che sappia tener conto della enormità del pregiudizio, atteso che la lesione è così elevata da non essere suscettibile di recupero e da esitare nella morte. (Cass. Civ., sez. III, sentenza 28 febbraio 2022, n. 6503)